Ieri Barack Obama ha presentato il claim della sua campagna
elettorale, "Betting on America". L'uso della parola
"America", il font anni '60 e le balle di fieno dietro la schiena mi
hanno subito fatto venire in mente il mood nostalgico di "Instagram"
e il meraviglioso "Back to the start", segnalato da Francesco
Taddeucci e da Massimiliano, come potete vedere alla fine di questo
post. Ho conosciuto Massimiliano Maria Longo a Cannes tre anni fa. Quando
mi parlò del suo lavoro, si presentò come "Head of experience", e
pensai che ci vedeva lungo. La sua intervista pone l'accento sul ruolo centrale che ha la tecnologia, sempre più invisibile e filtro della realtà. Dopo
averla letta mi sono chiesto: "Quanto ha contribuito l'uso dei nuovi
device, così personali, in questa nuova nostalgica voglia di felicità?".
Di seguito l'intervista.
Dove nasce la tua passione per l'advertising?
Credo sia emersa ed evoluta spontaneamente ma per questo devo
moltissimo ai miei genitori. Sono stato esposto costantemente alla creatività
di mio padre – artista e designer - e mia madre archeologa e storica dell’arte
che fin da bambino mi hanno stimolato e lasciato giocare con pigmenti, macchine
da presa, banchi ottici e tecnigrafi. Poi per il mio dodicesimo compleanno
arrivò il Commodore 64 e grazie al SEUCK iniziai, pixel per pixel, a disegnare
il mio primo videogame. Ero in piena pubertà e ne uscì un imbarazzante
sparatutto a sfondo erotico. La svolta però arrivò al liceo: nel diario
collezionavo le gaffe dei professori che prima trasformai con Hypercard in
un’applicazione multimediale e poi in un format radiofonico. Con alcuni amici
eravamo riusciti a farlo trasmettere settimanalmente da una piccola radio
locale di Salerno. Fu un successo e si scatenò un finimondo. Rischiammo una
denuncia, ma avevo capito che il mio lavoro sarebbe stato “inventare”. Dal
Commodore 64 al Commodoro Thompson la strada era forse già segnata?
In che cosa consiste il tuo lavoro?
Principalmente nel trovare soluzioni a problemi che provo a
trasformare in opportunità creative, di business e di formazione. Dedico gran
parte del tempo a seguire e supportare i team creativi sui progetti di
comunicazione integrata e digital, campagne che devono essere concepite fin da
subito con l’utente al centro dell’esperienza. Devo ammettere però che il
divertimento più grande resta quello di “sporcarsi le mani” lavorando in prima
linea.
Qual è la tua giornata tipo?
Sveglia alle 8, con gli occhi ancora socchiusi afferro
l’iPhone, leggo la posta e gli ultimi tweet, poi ricca colazione tedesca e TG
con mia moglie Caroline. Qualche flessione, una doccia veloce, poi inforco la
moto e alle 9.45 sono in agenzia. Check-in.
Secondo caffè - stavolta rigorosamente italiano – brief,
debrief, brainstorming, appunti, riunioni. Nei rari tempi morti continuo a
macinare news: Linkedin, Twitter, Facebook, qualche blog. E’ ora di pranzo,
pochi carboidrati per non rischiare l’abbiocco, la giornata è ancora lunga e
non smetterò di combattere fino alle 20, se va bene.
Finalmente a casa. Se ho fatto presto, da buon audiofilo
approfitto della temporanea solitudine e accendo l’impianto. Un master di João
Gilberto andrà benissimo. Intanto penso a cosa cucinare quando zac, ecco l’idea
che non riuscivo a chiudere.
Come pensi sarà l'agenzia del futuro?
Come si dovrà organizzare rispetto al cambiamento del mercato?
Immagino che cambierà il concetto stesso di agenzia anche se
non credo esisterà mai una “teoria del tutto” per affrontare un mercato in
continua evoluzione. Posso ipotizzare un nuovo paradigma in cui le idee saranno
chiamate ad essere dei “business boosters” per i nostri clienti. Evolverà di
conseguenza anche la relazione con la committenza, che dovrà essere costruita
in termini di teamwork. Ovviamente su questa base anche l’attuale modello
retributivo andrà lentamente modificandosi verso quello, più sostenibile, di
revenue sharing. Probabilmente assisteremo anche alla nascita di realtà ibride
- a metà tra start-up e agenzia - in cui il prodotto o servizio viene ideato,
sviluppato e comunicato per poi essere rivenduto utilizzando i proventi per
ripartire con nuovi progetti.
Quali nuovi ruoli immagini nell'agenzia del futuro?
Come nel nostro caso, già oggi le agenzie che hanno completato
la fase di digitalizzazione ed integrazione con le altre discipline della
comunicazione possono contare sulle professionalità proprie di quegli ambiti.
Parliamo di digital strategist che lavorano con i planner, project manager a
supporto degli account, information architect, software engineer e interaction
designer che fanno brainstorming con le coppie creative ma anche di specialisti
in retail marketing, CRM ed entertainment. Provando a spingermi molto in avanti
nel tempo penso che in generale per ogni nuovo device nasceranno nuove
opportunità creative e quindi spazio per nuove expertise. Questi dispositivi permetteranno
esperienze totalmente immersive, diventeranno - come oggi accade con gli
smartphone - esponenzialmente più piccoli fino a sparire in dimensioni
nanometriche per poi convergere in una sorta di “singolarità” in cui il device
finale è un nuovo essere umano. Tutti pronti per un brainstorming in
brainsharing? ;)
La coppia creativa cambierà?
In un futuro in cui la comunicazione sarà sempre più integrata,
usercentrica, transmediale e content-based immagino una coppia decisamente più
trasversale formata da copy sempre più author e art sempre più experience
designer, eventualmente affiancata e supportata da un team di tecnologi e
ricercatori. Fino ad allora però potrebbe essere configurata come trio: Art,
Copy, Tech.
Quali sono 3 lavori che secondo te rappresentano il futuro?
Tornando al discorso dei device il primo lavoro è senz’altro
NIKE+ FUELBAND. Qui siamo di fronte a uno di quei rari casi in cui la marca
diventa un vero e proprio “experience enabler” .
Il secondo è Sounds of Hamburg, per la capacità
di far dialogare reale e virtuale in una modalità innovativa ed engaging.
Il terzo lavoro è Back to the Start di Chipotle,
perché oggi come in futuro la comunicazione dovrà essere sempre più impegnata
nella sostenibiltà, anche quando non è comunicazione sociale.
Nessun commento:
Posta un commento